martedì 4 marzo 2008

L’ARTE, LA FOTOGRAFIA
E LE LOGICHE DI MERCATO


Una delle caratteristiche più devastanti della globalizzazione è quella di inondare qualsiasi
settore della vita dell’uomo senza chiedere permesso. Ma la cosa ancora più curiosa è che tutti sembrano accettare le nuove direttive senza minimamente riflettere che forse non tutto è giusto.
Senza porsi il problema fondamentale a cui tutti dovremmo fare attenzione. La qualità della
vita, la qualità della nostra vita.
Qualsiasi settore dell’essere e del fare umano, viene riportato esclusivamente ad una logica di mercato e di consumo usa e getta. Nulla viene creato per essere conservato a lungo, nemmeno le opere d’arte. Queste vengono create sull’onda di una moda o sulle direttive di un mercato che le può consumare subito. Non importa il domani, non importa la qualità, non importa il pensiero. Già 15 anni fa, il filosofo francese Castoriadis dichiarava : l’arte non produce più opere ma prodotti. Non più opere destinate a rimanere nei secoli com’è sempre stato, ma prodotti da vendere e consumare subito. Decretando nel consumo immediato la morte dell’opera, anzi del prodotto.
Nello stesso periodo l’artista fotografo giapponese Araki dichiarava : il futuro della fotografia sta nella quantità non nella qualità.

La memoria

Dunque la quantità. Questa aumenta a dismisura, ogni secondo della nostra vita viene immessa in rete una quantità di informazione che più nessuno riesce a controllare e, soprattutto, gestire. La grande sfida di google è infatti saper controllare questa valanga infinita di informazioni che circa un miliardo di utenti di internet immettono continuamente in rete.
Circa 10 miliardi di immagini ogni anno vengono parcheggiate in rete…inutilmente, per l’eternità.
Questo processo richiede la memoria elettronica del mondo, del nuovo mondo. Non più i libri scritti,ma le memorie elettroniche, quelle che si cancellano in un attimo, con un clic del mouse.
Il rischio della cancellazione è il nuovo “orlo del precipizio” che accompagnerà l’umanità fino alla eventuale fine. Ma il mercato dell’arte, o semplicemente il mercato, cinico ed impassibile,non può occuparsi di questo. In una società che forse non crede più nel suo futuro,non può avere interesse sulla memoria, anzi, forse meglio avere poca memoria, oppure una memoria così fragile da potersi cancellare definitivamente con un clic.
Anche le immagini e, quindi, le fotografie diventate solo un mucchietto di pixels, corrono il rischio di poter essere cancellate senza lasciare la minima traccia ( ciò che sarebbe, per il 90% delle fotografie in circolazione,solo un bene per l’umanità intera) Il risultato è che man mano che i pixels prendono il posto della carta ( scritta o stampata ), l’incertezza di conservare la memoria aumenta in maniera esponenziale.
continua

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