lunedì 2 marzo 2020

Paris des petites histoires


inverno 1982, Armelle era magra,sottile come un foglio di carta, fuori, a Parigi, il freddo era già arrivato e i riscaldamenti a carbone erano accesi già da tempo. Mi era parso strano di trovare les charboniers a Parigi, ville lumière già modernissima e protesa verso un futuro tecnologico,eppure in quel palazzo d’inizio secolo c’era ancora una caldaia a carbone, vedevo arrivare due volte a settimana il camion con due uomini che scaricavano i grossi sacchi di carbone. I due erano tarchiati, curvi, consapevoli di aver perso la partita della vita, erano bianchi ma erano neri.
Due ombre.
Quando Armelle arrivava in studio, tutta insciarpata e infilata come una baguette in quel cappotto scuro, non si intravvedevano le sue ossa che uscivano invece a diverse latitudini del suo corpo quando era nuda. La sua andatura traballava dolcemente,come i suoi vent’anni, accompagnando un sorriso complice e rassicurante, bonjour Masimò mi diceva.
Lasciava cadere i suoi vestiti sulla maquette blu del mio studio senza preoccuparsi di piegarli né di
ordinarli, studiava ancora e la seduta di posa non era altro che una pausa nella sua giornata .Una necessità per potersi pagare il suo petit studiò e i libri.

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