C'è tutta un'italietta della
fotografia convinta che per fare cultura fotografica basti
organizzare qualche grande mostra di un classico del '900. Ora, con
tutto il rispetto per i cosiddetti classici del '900 che io amo
molto, ritengo che al di là di avere il merito di aver trovato i
finanziamenti per fare la mostra, perchè di questo si tratta e non
posso certo dargli un premio per la trovata più geniale
all'organizzatore di turno, queste cose non servono ad altro che fare
un po' di passerella autoreferenziale e, magari, guadagnare qualche
soldo, cosa del tutto lecita.
Ma la cultura è altra cosa, è fare
creazione culturale, vivere un dialogo aperto con le
problematiche sociali e politiche del nostro tempo, avere il coraggio
di andare oltre i soliti clichès, fare la mostra di un Newton, o di
un Salgado o McCurry è solo business e passerelle.Senza nulla
togliere al passato notevole, oggi sono diventati fotografi troppo
alla moda, patinati, buoni per calendari, spettacolo mediatico
mediocre e noioso. Certo, grandi mostre utili al grande pubblico, ma
certi curatori le hanno fatte diventare passerelle mondane e
omologate per la borghesia locale un po' annoiata. Certi curatori
hanno trasformato questi autori in prodotti di stagione, qualcosa
alla moda, approfittando dell'ignoranza di un pubblico super
tecnologico e neoanalfabeta.
Cultura è fare tentativi, osare, fare
ricerca, innovazione, andare oltre i Newton, i Mapplethorpe e gli
Avedon senza nulla togliere a loro.
Buttare discredito, per esempio, su
quello che succede nei piccoli centri del sud ( come ha fatto in
questi giorni uno di questi “ vescovi”della fotografia italiana
durante un simpatico diverbio che abbiamo avuto a proposito della
mostra di Newton e facendo finta di ignorare che le cose più
interessanti nel mondo della fotografia e non solo, avvengono nei
piccoli centri del sud,come Arles ,Perpignan, Sanary, Catania,Getxo e
che poi fanno scuola per i grandi centri come Milano...) e parlo del
sud Italia, la Sicilia in particolare, denota non solo presunzione ma
anche miope arroganza.Ma l'arroganza non paga, la presunzione nemmeno
e certi personaggi farebbero bene a guardarsi meno il proprio
ombellico e magari uscire di casa più spesso.
Fare cultura significa misurarsi con
quello che sta succedendo intorno e dialogare, non imbalsamarsi alla
“ ripetizione dell'uguale” come ci diceva Flusser già 30 anni
fa.
Ripetersi è noioso, ripetersi è
soddisfare i gusti banali della piccola inutile borghesia, Sanremo si
ripete, Miss Italia anche.
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