Leggo un recente articolo sulla rivista online DOPPIOZERO in cui il buon Scianna ci parla di una lenta agonia della fotografia.
Crisi
? Agonia ? Quale ?
Non possiamo parlare di crisi della fotografia se non determiniamo con esattezza cosa significa la parola crisi.
Ogni volta che il mondo cambia ci sono funerali.Veri e fittizi.
Ci fu quello della pittura al nascere della fotografia.Quello della fotografia al nascere del cinema.Ci fu il funerale della carta al nascere del PC.L'ultimo, quello dei libri al nascere di internet.E molti altri.
La fotografia in quanto ambito professionale di lavoro, nei diversi settori, è inserita in un sistema economico e sociale che oggi, soffrendo, non risparmia nessuno.La fotografia ne è colpita in quanto professione.Se guardiamo infatti il settore non professionale troviamo un entusiasmo ed una energia insieme al numero dei praticanti che non si era visto dagli anni '70 in poi.Quindi mi piacerebbe chiedere a Scianna a quale tipo di crisi e agonia si riferisce nel suo articolo.
Se molti professionisti non vendono più come prima o non hanno più la quantità di committenza che hanno avuto in passato questo ha a che fare con un sistema sociale ed economico che è in tilt.
Non è certo perchè la fotografia non ha più nulla da dire.Quando ci fu l'avanzata delle reflex a scapito del banco ottico, nessuno parlava di crisi della fotografia.Proviamo a guardare un altro settore, quello della musica,dei musicisti e dei dischi.Vi sembra che la musica sia in crisi ?
Ad essere in fortissimo cambiamento è il sistema di produzione e diffusione che viene fatto in altro modo.Se c'è crisi è una crisi economica del sistema che gira intorno alla musica ma non è la musica.
Penso sia giusto parlare di agonia se scomparisse il fotografo,il musicista,lo scrittore e non quando,invece, è tutto quello che sta intorno a cambiare ed evolversi in maniera diversa.In questo caso è necessario rivedere la maniera di pensare la professione del fotografo, in tutti i suoi aspetti, ma non ripensare la fotografia, essa infatti, si evolverà in maniera autonoma come ha fatto fin'ora.
La fotografia che si vende nelle gallerie o esposta nei musei credo sia molto lontana da essersi svuotata dalle sue vesti culturali, casomai possiede quel qualcosa in più che manca alla fotografia prettamente commerciale o di documentazione che rimane troppo spesso ingessata su se stessa. Mi scuserà il buon Scianna se lo affermo con forza, ma il mondo dell'arte è un po' più complesso (pur avendo i suoi lati negativi) di quello dei fotoreporter e non è certo cercando di fare il “salto” verso le gallerie che ci si può salvare. Intendo dire che in molti ci tentano senza mai aver conosciuto da vicino quel mondo ma, il più delle volte, si rivela un salto nel buio.Magari fosse così facile.E poi, ritornando sui propri passi cominciano a denigrare il mondo della fotografia fine art e delle gallerie come un qualcosa di inutile, di “svuotato” oppure qualcosa di snob fine a se stesso. Riguardando la storia dell'arte degli ultimi 100 anni, ci penserei un attimino prima di fare questo tipo di affermazioni.
Non possiamo parlare di crisi della fotografia se non determiniamo con esattezza cosa significa la parola crisi.
Ogni volta che il mondo cambia ci sono funerali.Veri e fittizi.
Ci fu quello della pittura al nascere della fotografia.Quello della fotografia al nascere del cinema.Ci fu il funerale della carta al nascere del PC.L'ultimo, quello dei libri al nascere di internet.E molti altri.
La fotografia in quanto ambito professionale di lavoro, nei diversi settori, è inserita in un sistema economico e sociale che oggi, soffrendo, non risparmia nessuno.La fotografia ne è colpita in quanto professione.Se guardiamo infatti il settore non professionale troviamo un entusiasmo ed una energia insieme al numero dei praticanti che non si era visto dagli anni '70 in poi.Quindi mi piacerebbe chiedere a Scianna a quale tipo di crisi e agonia si riferisce nel suo articolo.
Se molti professionisti non vendono più come prima o non hanno più la quantità di committenza che hanno avuto in passato questo ha a che fare con un sistema sociale ed economico che è in tilt.
Non è certo perchè la fotografia non ha più nulla da dire.Quando ci fu l'avanzata delle reflex a scapito del banco ottico, nessuno parlava di crisi della fotografia.Proviamo a guardare un altro settore, quello della musica,dei musicisti e dei dischi.Vi sembra che la musica sia in crisi ?
Ad essere in fortissimo cambiamento è il sistema di produzione e diffusione che viene fatto in altro modo.Se c'è crisi è una crisi economica del sistema che gira intorno alla musica ma non è la musica.
Penso sia giusto parlare di agonia se scomparisse il fotografo,il musicista,lo scrittore e non quando,invece, è tutto quello che sta intorno a cambiare ed evolversi in maniera diversa.In questo caso è necessario rivedere la maniera di pensare la professione del fotografo, in tutti i suoi aspetti, ma non ripensare la fotografia, essa infatti, si evolverà in maniera autonoma come ha fatto fin'ora.
La fotografia che si vende nelle gallerie o esposta nei musei credo sia molto lontana da essersi svuotata dalle sue vesti culturali, casomai possiede quel qualcosa in più che manca alla fotografia prettamente commerciale o di documentazione che rimane troppo spesso ingessata su se stessa. Mi scuserà il buon Scianna se lo affermo con forza, ma il mondo dell'arte è un po' più complesso (pur avendo i suoi lati negativi) di quello dei fotoreporter e non è certo cercando di fare il “salto” verso le gallerie che ci si può salvare. Intendo dire che in molti ci tentano senza mai aver conosciuto da vicino quel mondo ma, il più delle volte, si rivela un salto nel buio.Magari fosse così facile.E poi, ritornando sui propri passi cominciano a denigrare il mondo della fotografia fine art e delle gallerie come un qualcosa di inutile, di “svuotato” oppure qualcosa di snob fine a se stesso. Riguardando la storia dell'arte degli ultimi 100 anni, ci penserei un attimino prima di fare questo tipo di affermazioni.
1 commento:
Purtroppo neanche Ferdinando Scianna sfugge alle regole della vita che delegano alle generazioni uscenti il compito di annunciare la "fine di tutto". Dal salumiere al chirurgo di fama, tutti, alla fine della loro carriera non mancheranno di sentenziare la fine del tempo e della storia che hanno vissuto. In effetti sentenziano il vero affermando che un'epoca si è conclusa, omettono però di annunciare la nascita del mondo di domani, di un'altra nuova era probabilmente migliore. Sono d'accordo con te sui funerali annunciati di tanti fatti socio-culturali che hanno fatto parte del tempo andato ma sappiamo benissimo che ad ogni lacrima versata per qualcosa riposta in archivio ne corrisponde un'altra di gioia per qualcos'altro che prima non c'era.
Il mio pensiero sulla fotografia contemporanea è assolutamente positivo, la fotografia nei suoi molteplici generi, ambiti e aspetti è stata finalmente compresa dai più. Credo che la gente abbia finalmente capito che un autore di fotografia fine art non sia diverso da un artista di qualsiasi altra disciplina ma sia invece diverso da un fotografo per privati e così via. Nessuna agonia quindi, ma tanta ammirazione per ciò che è stato fatto e una trepidante attesa di scoprire cosa si farà.
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